di Mauro Mirci
Caviamoci subito questo dente: troppi punti di sospensione. E non staremo a spiegare come e dove, opportunamente, va speso questo specifico segno di interpunzione, giacché stile, temi e respiro dei racconti che compongono questa raccolta di Maurizio Favaro suggeriscono che questi non sia un narratore inesperto, anzi… E allora, al narratore che, probabilmente, ha voluto sperimentare particolari pause e afflati ci imiteremo a dire che la soluzione stilistica scelta non ci ha convinto soprattutto perché ha distratto la nostra attenzione dal piacere puro della lettura, e suggerito sospensioni del discorso laddove forse un punto fermo sarebbe stato più giusto, preciso, essenziale.
Andava premesso, ché, altrimenti, questo ragionamento sul libro di Favaro rischierebbe di essere una mero atto d’ossequio, di riconoscimento allo scrittore, di elogio senza nerbo. Invece Cuentos è un libro che merita attenzione e rispetto. Innanzitutto, per avere concesso il “visto si stampi” alla casa non-editrice Malanotte, impresa (nel senso di attività difficoltosa e perigliosa) di autoproduzioni capitanata dal contastorie Angelo Maddalena, vagabondo/eremita di difficile attribuzione tassonomica, stilita vagante, ciclomunito e impegnato nella nobile missione di condurre un discorso artistico tutto al di fuori dei canali usuali dell’editoria e della comunicazione.
Poi, a Favaro, va’ riconosciuto di aver dato alle stampe un libro non banale, molto interiore ma fatto di racconti che, con una notevole forza centrifuga, acquistano la velocità di fuga necessaria a metterli nell’orbita delle narrazioni che sanno raggiungere ogni lettore. Dentro i racconti di Cuentos ci sono le passioni di Favaro, gli autori preferiti (Camilleri, Twain, Marquez, Calvino, che rievoca non tanto nello stile, quanto nelle atmosfere e nei temi, i luoghi visitati, o, chissà, quelli che desidera visitare), i vicoli di Genova e le sue storie, il piacere e la capacità di trarre un racconto da qualsiasi episodio dell’esistenza. Dote, quest’ultima, dei narratori per vocazione, quelli incapaci di vivere un’esperienza o una storia senza metterla in prosa.
I tredici racconti di Cuentos rappresentano tredici diverse prove d’autore, tredici storie che si svolgono in epoche e luoghi diversi: l’Africa Sahariana e il Medio Oriente del medioevo, il maestoso bacino del Rio delle Amazzoni e la disperata aspirazione a una vita migliore di un giovane salvadoregno. Due soprattutto si distinguono dagli altri, due piccole felicissime perle, racconti con ambizioni da romanzo. “La barca degli onesti” ci proietta tra i personaggi sordidi e maestosi che navigano su una barca fluviale. L’autore dichiara l’influenza di Sepulveda e Chatwin, ma ci viene difficile non avvertire un retrogusto di Quiroga e, almeno, una stilla di Marquez.
“Rattus norvegicus”, storia di una eterogenea pattuglia di personaggi che parte dall’Europa sconvolta dalla peste trecentesca e approda alle corti dei pascià dopo avere attraversato l’impero di Bisanzio.
Non rimane che raccomandare la lettura di questo libro, per proprio diletto, per giusto riconoscimento all’autore, per necessario sostegno (di stima, ma anche economico, perché no), alle autoproduzioni Malanotte.