Un’impressione di lettura di Risorgerà il sole, di Sara Giulia Vitale, Robin edizioni.
di Angelo Maddalena
Chissà cosa penserebbe Pier Vittorio Tondelli, di cui quest’anno ricorre il trentesimo anniversario della morte, di questo “colpo di sciabola” di Sara Vitale, che in 135 pagine descrive quel mondo che Tondelli, negli anni ‘80, aveva raccolto e pubblicato nelle antologie di giovani scrittori (under 25, e Sara ci rientra in pieno!). Risorgerà il sole sembra non avere molte pretese, lo scrive la stessa autrice nelle “conclusioni”, se non quella di condividere un vissuto “tragico” eppure serpeggiante nelle nostre quotidianità, nella quotidianità di molti coetanei di Sara. Se qualcuno volesse trovarci una traccia di “romanzo terapeutico” (e la scrittura è sempre terapeutica, soprattutto se scava e apre o fruga nelle ferite, come direbbe Cioran) non si sbaglierebbe di molto. Risorgerà il sole ha sicuramente il valore di un documento e di una testimonianza preziosa, documento letterario ovviamente, perché chi lo ha letto ci ha trovato uno stile coinvolgente. “Scritto bene, interessante”, dice Marta D., professoressa di filosofia di Perugia. Dice anche, Marta, che è un lavoro da comporre forse, sì perché Risorgerà il sole è anche un po’ “irregolare”, e forse anche in questo trova un tocco che spiazza, con quelle finestre filmiche, se così può dirsi, di personaggi (verosimili anzi veri?) abbozzati e presentati spesso in modo “monografico”, insomma, un libro da leggere per capire cosa serpeggia nel sottobosco spesso poco visibile in cui gli psicofarmaci sono magari più presenti delle droghe e dell’alcool, e in cui la violenza interiore non sempre trova canali e spesso finisce in tragedia (si veda il servizio dal titolo Disturbi psichici, le fragilità non viste, su Avvenire del 15 ottobre 2021) . Sara lo sa e lo dice, soprattutto alla fine del libro, in cui scopre le carte, perché questo è un libro confessione e testimonianza, offerto al mondo come specchio e come dono, come gioiello forse, spaventoso a tratti, preoccupante, illuminante e… che fruga nelle ferite: un libro, come direbbe e vorrebbe Emile Cioran: “pericoloso”.
A.M. Perugia, autunno 2021
A luglio del 2021 ho regalato un taccuino a Sara, eravamo a Palermo e stavamo per imbarcarci sull’aliscafo per Filicudi, Sara iniziò a scrivere febbrilmente e dopo meno di un mese mi mandò un manoscritto di 130 pagine! Io per scrivere il mio primo libro di 130 pagine, ci avevo messo un po’ di più: stavo per laurearmi e avevo fatto un viaggio in autostop con i camion da Milano a Barcellona, era il 1997, e dopo qualche anno riuscii a confezionare 130 pagine! Ma i nostri tempi li conosce solo lo Spirito, e mia madre Maria, e nonna di Sara, ce lo diceva sempre: lo Spirito soffia dove e quando vuole. Appunto, per un gioco di “ritorni”, nel 1997 avevo regalato un taccuino a mia madre prima di partire per Lourdes, chiedendole di scrivere un diario di quella stagione… che adesso è diventato Una stagione a Lourdes, diario di una pellegrina operaia. Se basta così poco per far nascere un fiore di letteratura in una giovane donna (mia nipote) o in una donna di mezza età, vuol dire che c’è ancora da sperare…che l’uomo torni a vivere, e a scrivere! E’ chiaro però che, come ci ricorda il maestro Cioran nella Lettera su alcune vie senza uscita: “Stai attento, amico che stai pubblicando il tuo primo libro, adesso dovrai cummàttiri (quasi come combattere ma in siciliano vuol dire…più o meno la stessa cosa) con un mostro pericoloso che è in te: l’Autore”. Sara (mi auguro e credo) ha la stoffa e la forza per tenere testa a questa “responsabilità” di pubblicare un libro a un’età per certi versi “prematura”, ma a volte, guardando lei (e altri suoi coetanei, ma ne conosco pochi e poco approfonditamente rispetto a come conosco lei), mi sembra che sia più matura di come io e i miei coetanei non fossimo a quell’età, almeno per certi versi, sicuramente per il verso letterario, o almeno così sembra, ma il letterario, in questo caso, è anche elaborazione della realtà, sano distacco e determinazione, oltre che consapevolezza, che non si può solo contare con i numeri della pagine, ma è già un segno di potenza della luce che attraversa e illumina il buio, e spinge verso l’Alto.
Dimenticavo di aggiungere che non è merito mio se Sara e mia madre hanno scritto le loro pagine, ma dello Spirito che si è servito di me, di cui mi sento umile e indegno strumento, e poi è merito delle storie personali e della spinta letteraria innata in mia madre e in Sara, e della loro volontà e sforzo per elaborare le loro esperienze, perché, come disse una volta qualcuno di cui non ricordo il nome: “Non sono tanto le esperienze che facciamo ad essere importanti, quando ciò che ne facciamo di quelle esperienze”.