di Mauro Mirci
Ho conosciuto Filippo Acquachiara un po’ meno o un po’ più di quindici anni fa. Un comune amico mi aveva chiesto di tenere una piccola conferenza sui servizi pubblici ambientali presso l’Università Popolare del Tempo Libero di Piazza Armerina. Filippo ne era il presidente. Dopo la conferenza siamo andati a sorbire il caffè di rito e a fare quattro chiacchiere. Inizialmente Filippo mi ha intimidito, lo confesso. Forse la sua espressione austera, o il suo parlare forbito o non so cosa. Bastò però frequentarlo e dialogare con lui perché quell’iniziale e timidezza si tramutasse in rispetto e affetto. Gli ho sempre invidiato l’amore per i libri e l’incredibile capacità di lettura e di elaborazione dei testi. Un amore dei libri che mai è stato fine a se stesso. La sua casa trabocca di volumi e, ad essi, Filippo ha dedicato buona parte dell’esistenza e delle sue energie. Grazie ai libri abbiamo avuto modo di confrontarci e dialogare, pur se in vesti diverse.
Lui in quelle di autentico intellettuale dedito allo studio e all’approfondimento, io in quelle più dimesse di occasionale narratore di storie. Fu per colpa di un libro che mi meritai un suo rimprovero, la cui memoria conservo gelosamente come un insegnamento prezioso. Capitò che presi l’impegno di introdurre, durante una serata di presentazione, il romanzo storico di un autore siciliano. Un romanzone di circa cinquecento pagine. Ne parlai bene, tanto da convincere Filippo a comprarlo. Dopo una settimana mi chiese cosa ci avessi trovato di notevole in quel romanzo, che a lui era apparso invece sciapo e nemmeno ben scritto (le parole esatte furono, se non ricordo male, “polpettone illeggibile”). Mi toccò confessargli che non l’avevo nemmeno letto e avevo fondato tutta la mia introduzione sulla quarta di copertina e sulla cartella stampa scaricata dal sito dell’editore. Filippo scosse la testa e mi chiese se, almeno, ci avessi guadagnato qualcosa. Al mio no mi raccomandò, per il futuro, di prestarmi alle marchette solo a pagamento o dietro altra forma di retribuzione, oppure di lasciar perdere e, sui libri come su ogni altra cosa, di esprimere il mio giudizio con onestà e sufficiente cognizione di causa. Almeno qualche amico, mi disse, avrebbe risparmiato ventiquattro euro (tanto costava il romanzone).
Non mi tolse il saluto né ritornò mai sull’episodio. Io, per quanto mi riguarda, cercai di tener bene in mente che, alla base di ogni nostra azione, anche quella avviata con la più sincera buona volontà, dev’esserci una sostanziale onestà d’intenti e intellettuale. Non si può trascendere troppo dalla realtà, insomma, anche se a fin di bene e, in molti campi (e la letteratura è tra questi), dare buone referenze a qualcosa che non le merita rischia di rivelarsi una pietosa e patetica bugia piuttosto che una forma di gentilezza.
Ieri si è tenuta una cerimonia laica per salutare Filippo. Le parole di chi ha voluto ricordarlo mi hanno riportato alla mente i nostri dialoghi, la generosità che lo contraddistingueva, l’indulgenza che mi concedeva, la goliardia che talvolta trapelava da certe sue frasi e battute. Ho il rimpianto di non aver trascorso più tempo con lui, di non avere attinto di più alla sua cultura eclettica e vasta. Ho però un bellissimo ricordo dell’agosto 2011: Filippo che, interpellato all’ultimo momento, accetta di presentare il mio primo libro e, per farlo, lo legge in fretta e furia tra mezzogiorno e le quattro del pomeriggio. Perché, è chiaro, non concepiva che di un libro di potesse parlare senza averlo letto. Alle 17, davanti al pubblico, discusse del libro con onestà e coerenza e competenza. Onestà che mi fece apprezzare le sue lodi. Coerenza e competenza che mi hanno spinto a far tesoro di ogni critica e appunto.
Ecco, questo è il ricordo di Filippo Acquachiara che, in questo momento, mi sento di condividere. Lo ringrazio per essermi stato amico e per aver saputo essere esempio vivente di come deve essere un uomo perbene.
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Chi era Filippo Acquachiara (tratto da Startnews.it)
Filippo Acquachiara aveva 62 anni e da oltre quaranta anni era un punto di riferimento della sinistra e della cultura a Piazza Armerina.
La sua biografia è segnata da due fasi: la prima dedicata soprattutto alla politica militante e all’attivismo culturale. Tra i fondatori del Gruppo Insieme alla fine degli anni sessanta fu uno dei protagonisti di una stagione di grande fermento che vide giovani comunisti, socialisti e giovani cattolici, insieme a giovani sacerdoti, costruire, attraverso iniziative culturali di alto livello, un dialogo fino ad allora impossibile tra culture diverse.
Segretario della FGCI, fu eletto diciottenne in Consiglio comunale nelle file del PCI e vi rimase per più legislature conducendo sempre battaglie per i diritti dei lavoratori, per la legalità e per una crescita civile e sociale della comunità piazzese. Ultimo segretario del PCI, dopo la svolta della Bolognina e il congresso di fondazione del PDS, lasciò definitivamente l’attività politica.
Comincia così, all’inizio degli anni Novanta, la seconda fase della sua vita pubblica nella quale la passione per la cultura, che era stata messa in secondo piano da quella politica, diventa prioritaria.
Già militante ambientalista impegnato in Italia Nostra fin dal 1976, nel 1989 è tra i fondatori dell’associazione Osservatorio sulla Città che pubblica fino al 1993 un mensile nel quale Filippo Acquachiara interviene costantemente con articoli di contenuto politico e culturale. I primi, sempre basati su un estremo rigore morale e sulla lotta alle distorsioni della politica piegata all’interesse dei singoli, piuttosto che a quella collettiva. I secondi sempre attenti a valorizzare il patrimonio storico, culturale e di Piazza.
Con lo stesso spirito, tra il 2001 e il 2008, come fondatore dell’omonima associazione, collabora al sito www.piazza-grande.it , forse il primo sito di informazione e dibattito locale autogestito a Piazza dove pubblica interventi di commento ai grandi temi della politica nazionale e a quelli di politica locale.
Ma è all’Università popolare del Tempo Libero che Filippo Acquachiara dedica l’ultimo ventennio. Ancora una volta tra i fondatori di un’associazione che dal 1995 ha prodotto centinaia di iniziative, tra corsi, conferenze, pubblicazioni, ne è sempre uno dei principali animatori e, dal 1998 al 2006, ne è stato presidente. Per l’Università popolare ha pubblicato diversi testi di contenuto storico, civile e anche piccoli divertissement molto colti.
Dal 1993 al 2013 è sempre stato nominato da tutti i sindaci di qualunque colore politico come componente della Commissione comunale per la biblioteca, di cui è stato spesso vicepresidente. In questo ruolo ha collaborato in maniera decisiva per l’allestimento della Mostra permanente del libro antico.
Nonostante, al di là della partecipazione alle attività delle sue associazioni, facesse una vita molto ritirata, dedito solo ai suoi studi, è sempre rimasto, fino alla fine, un punto di riferimento per tanti giovani e meno giovani.