di Mauro Mirci
Scrive Massimo Gramellini, giornalista del quale ho un certo rispetto: “Invece in materia di referendum abrogativi la Costituzione ha previsto esplicitamente un quorum (del 50 per cento più uno). E lo ha fatto per difendere lo Stato dallo strapotere delle minoranze motivate, cautelandosi dal rischio che venga cancellata una legge di cui non importa un fico secco ad almeno la metà degli elettori.”
Ora, non so esattamente come Gramellini immagini le “minoranze motivate”, Ma ricollegandomi al suo “almeno la metà degli italiani”, forse è il caso di ricordare che la popolazione italiana ammonta a circa 60 milioni di persone, delle quali, boh, facciamo 50 milioni sono chiamate a votare. Quindi la metà alla quale non importerebbe (secondo Gramellini) un fico secco, farebbero poco più di 25 milioni di anime, mentre quelli ai quali il fico suddetto invece importerebbe, sarebbero, anima più, anima meno, sempre quasi 25 milioni. Concediamo a Gramellini che ci sia una astensionismo forte e si vada a votare, per il referendum di domenica, in 10 milioni. 10 milioni che, essendo “minoranza motivata”, voterebbero sì. Mentre tutto il resto dell’elettorato, al quale “non importa un fico secco”, deciderebbe per il mantenimento di una legge che, presumibilmente, nemmeno conosce e ha interesse a conoscere.
Ma 10 milioni di sì… no, concediamo 5 milioni di sì, equivalgono alla popolazione di una grossa regione. Facciamo la Sicilia. 5 milioni di votanti, corrispondenti, secondo tesi esposte dai promotori dell’astensionismo, ad altrettanti sì.
Tuttavia, secondo questa logica, prevarrebbero le ragioni dell’indifferenza su quelle di un’azione, condivisibile o meno, ma che è comunque di partecipazione consapevole alla vita della Repubblica. Mentre, direi, le ragioni del fico secco non rappresentano nulla, né in bene né in male.
Le ragioni del “fico secco” equivalgono a girarsi dall’altra parte quando accade qualcosa che non interessa. O che non si capisce. Altra motivazione addotta da alcuni, sui social. Non voterò perché non capisco di cosa si parla. Il che è grave. Gravissimo. Significa che su una scelta importante, sulla quale gli italiani hanno il diritto-dovere di esprimere il proprio parere, nessuno ha ritenuto importante spiegare cosa succede, né i mezzi d’informazione hanno dedicato energie efficaci per spiegare il significato del referendum. Col risultato di convincere tanti del fatto che la chiamata alle urne non sia un diritto per il quale molti hanno versato sangue, ma una sorta di vessazione cui, ciclicamente, alcuni sconsiderati decidono di sottoporre i loro concittadini.
Le medesime ragioni per cui, alla fine, c’è concretamente il rischio che, alla fine della fiera, a votare alle elezioni politiche, vada solo lo 0,1% di aventi diritto. Rischio paventato da Gramellini stesso e definito “masochismo”.
In definitiva, di che stiamo parlando? Del pezzo di Gramellini? Delle “minoranze motivate”?
Manco per sogno.
Stiamo parlando di un’utopia. Quella che la gente (anzi: la ggente) si convinca che la democrazia è un bene prezioso ma comporta doveri non delegabili, il principale dei quali è quello di mantenerla viva, questa democrazia, partecipando attivamente alla vita politica della nazione. E il modo fondamentale consiste nell’esprimere la propria idea tramite il voto.
Tanto più in un referendum, dove il rapporto dialettico è tra l’elettore e una domanda diretta. Vuoi tu, sì o no?
Andare a votare ha un significato nobile. Vuol dire riconoscere l’alto valore della democrazia, il prevalere del concetto di dovere sociale e politico sulle ragioni dell’indifferenza e dell’ignoranza.
A tutelare l’Italia dallo “strapotere delle minoranze motivate” (cito Gramellini), basta il quorum. Non è necessario scoraggiare l’affluenza alle urne promuovendo le ragioni dell’astensione, come hanno fatto il presidente del Consiglio dei Ministri e, addirittura, un Presidente emerito della Repubblica.
E Gramellini? A Gramellini, nel mio piccolo, da modestissimo utente della rete, rimprovero un “fallo logico”. L’aver confuso, con malizia, le ragioni dell’esistenza del quorum con quelle dell’astensionismo. Astenersi dal voto sarà anche legittimo. Giusto no, Gramellini. Giusto no.