di Mauro Mirci

Questo il contesto primigenio nel quale D’Agostino incastona il suo racconto e i suoi personaggi. Vincenzo, un dodicenne in preda a pulsioni incontenibili che lo portano a interessarsi morbosamente – palpare, carezzare, esplorare – a ogni corpo femminile a lui prossimo. Vincenzo è diverso, scabroso, indisciplinato, incontrollabile. Il perfetto frutto di una famiglia della quale il testo racconta il progressivo disfacimento. Il padre, partito per lavorare, un giorno non torna più. Così, semplicemente, inevitabilmente, scompare dalla vita della moglie e dei figli. Se la spudoratezza sessuale di Vincenzo è uno degli elementi cardine della storia, l’abbandono del padre è il primo punto di snodo del racconto, la lesione fondamentale nel quale s’insinua, fatalmente, il male. Il ragazzino viene affidato a padre Calogero, prete stimato che, dietro a un’immagine irreprensibile, cela la sua autentica natura di uomo fragile e, come tutti gli esseri fragili, vulnerabile al male. A questo punto la vicenda intraprende un percorso inesorabile, che lo stesso Vincenzo adulto, individuo ormai emarginato e dall’anima devastata, racconta in prima persona senza pudori e reticenze, come in un rito espiatorio che non prevede l’assoluzione del reo.
Se la Sicilia è isola, i monti Erei, le città, i paesi che su essi sorgono, Enna stessa, sono isola nell’isola. Frutto di accantonamento geografico, viabilità insufficiente, oblio politico, arretratezza economica e culturale. Nel romanzo di D’Agostino c’è tutto, ed è tutto vero. È scritto oppure si percepisce tra le righe, come un elemento sottinteso che abbia intriso carta e inchiostro. C’è l’odore della città e delle campagne, la mole dell’Etna all’orizzonte, l’umido della nebbia, il pallore dei cieli invernali e l’azzurro delle giornate di sole. C’è il santo venerato, avido di pellegrinaggi e avaro di grazie. Ci sono il rapporto con i centri abitati del circondario, gli argomenti ricorrenti nelle conversazioni della gente, il carattere di chi vive in luoghi isolati, le piccole cattiverie della gente di quartiere. Poco importa che la trama sviluppata non sia (forse!) aderente a un fatto specifico e reale. La storia è struggente, gli elementi della tragedia sono presenti: l’amore negletto, la solitudine, il sesso, la corruzione, la perfidia, l’incesto, il tradimento, il sangue, l’egoismo. Un romanzo intriso di dolore e afflati poetici.
Altri articoli: la recensione di Marco Belpoliti su l’Espresso.
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