Racconto per parole e immagini
di Mauro Mirci
Il Radon, questo semisconosciuto. Gas nobile e radioattivo derivante dal decadimento dell’uranio. Scrive Wikipedia, e fidandoci citiamo: “Gas molto pesante, pericoloso per la salute umana se inalato. L’isotopo più stabile, il 222Rn ha un tempo di dimezzamento di 3,8 giorni e viene usato in radioterapia. Uno dei principali fattori di rischio del radon è legato al fatto che accumulandosi all’interno di abitazioni diventa una delle principali cause di tumore al polmone. Si stima che sia la causa di morte per oltre 20.000 persone nella sola Unione Europea ogni anno ed oltre 3.000 in Italia. Polonio e bismuto sono prodotti, estremamente tossici, del decadimento radioattivo del radon.”
Insomma, c’è da farsela sotto, tenuto conto che è anche incolore, inodore, rilevabile solo con tecniche particolari.
E quindi, assieme ad altri addetti ai lavori, il sottoscritto parte per Enna (pare che il sottoscritto sia un addetto ai lavori, almeno così gli viene quotidianamente ripetuto), onde ricevere lumi e istruzioni, nonché indirizzi operativi, da un funzionario dell’ARPA, acronimo che dietro un apparente riferimento musicale nasconde la molto più pragmatica denominazione di Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, che, appunto diventa ARPA se si ha cura, come prassi, di elidere articoli e preposizioni semplici e articolate. La prassi è diffusa e nota, anche troppo. Il mio foglio di missione infatti citava, più o meno: Autorizzazione missione Enna dipendente Mirci c/o provincia – problematica radon (“Minchia, pare che l’ha scritto Tarzan”, “Vabbé, tanto si capisce”, “Ma almeno una virgola”, “Non scrivo del dipendente e ci metto la virgola?”).