tutte e quattro le leggi o relative norme di cui si chiede l’abrogazione sono state da lei promulgate senza ricorrere al rinvio alle Camere, dove quindi l’assenza di rilievi nel merito o nella forma implica una sua sostanziale accettazione non solo della loro piena legittimità ma anche della loro compatibilità con il contesto politico, economico e sociale in cui si calano
il noto giornalista ha fatto finta (o forse non lo sa davvero, chissà) di non conoscere la differenza tra il percorso delle norme approvate in parlamento e i quesiti referendari sui quali il popolo italiano è, talvolta, chiamato a esprimersi. Espone anche altri interessanti concetti nell’articolo dal quale ho tratto anche quello sopra riportato, e tali interessanti concetti li trovate tutti su Il Giornale (di un certo Berlusconi, ma non Silvio, eh?).
E’ curioso come l’uomo di cultura ceda il passo al bruto (della carta stampata), quando fa finta di non sapere (ma sono certo: lo sa) che una legge viene promulgata dopo che è stata approvata dalle camere, seguendo un processo che, alla fine dei conti, è democratico. E’ vero, il Capo dello Stato può pure rinviare alle camere i disegni di legge che non lo convincono [come è successo in questo caso] ma Magdi Allam sostiene che il Presidente Napolitano, promulgando le leggi senza rinviarle alle camere, ha implicitamente espresso un consenso, un’approvazione della sostanza oltre che della forma, dell’azione legislativa della maggioranza.
Come se la promulgazione delle leggi della Repubblica non avvenisse attraverso una serie di passaggi (e di verifiche) istituzionali previste dalla costituzione, ma in virtù d’una sorta di identità ideologica e d’intenti che accomunerebbe il pensiero del Capo dello Stato e quello della maggioranza. E Magdi Cristiano Allam dimentica (be’, diciamo che dimentica) di dirci anche che, eventualmente, spetta alla Corte Costituzionale giudicare della legittimità delle leggi.
Ma l’idea che Allam ha del processo legislativo in Italia, è evidentemente solo un riflesso di quella che ne ha il suo datore di lavoro, ossia un iter puramente formale in ossequio a una costituzione sostanziamente comunista, che però deve di fatto sottostare ai principi di una costituzione materiale, che non si sa bene cosa esattamente sia, ma certamente s’identifica con le convinzioni, gli obiettivi e i desideri dell’attuale Capo del Governo. In tale ottica chiunque s’opponga è un avversario, chi non s’oppone compie semplicemente il proprio dovere.
In ogni modo, il senso di tutto l’articolo è semplice: il Presidente della Repubblica deve correggere un poco la sua affermazione e chiarire che non sono cattivi cittadini coloro che non voteranno per i referendum, in quanto votare è un diritto e, quindi, in quanto diritto si può non esercitarlo senza alcun senso di colpa o pubblica riprovazione.
In amore e in guerra tutto è permesso. Qui non è amore, allora deve trattarsi di guerra. Ma la guerra politica, in uno stato di diritto, si combatte secondo le regole imposte dalle leggi, prima fra tutte la Costituzione. E’ una guerra particolare, dove non è detto che tutto sia permesso. O almeno una guerra dove le tesi di facile presa, ma approssimative, rischiano di rivelarsi armi spuntate. Anche perché ai lettori scoccia un po’ essere catechizzati da qualcuno che, troppo palesemente, tira acqua al mulino del suo datore di lavoro. Allam legge la Costituzione, ma limitatamente alla parte in cui sta scritto che votare a un referendum è un diritto: e quindi, desume il nostro, non un dovere.
Come dire che partecipare attivamente all’azione legislativa (ahimè, solo per consentire o meno l’abrogazione di una norma o di una sua parte*) è, sì vabbe’, un diritto, ma se gli elettori decidono che è meglio rimanere in casa a guardare la tv, è lo stesso. Non fa niente. E il Presidente Napolitano farebbe bene e pesare accuratamente le parole, ché c’è il caso che un’aliquota x del popolo bue si senta punto nel vivo e, botta di sangue!, inizi ad aver dubbi e porsi domande.
Cosa che, in questo particolare momento della legislatura – in cui la maggioranza in senato è risicata, in cui alcune grosse città sono passate armi e bagagli al centro-sinistra, in cui la Lega pretende la sottoscrizione di cambiali sempre più difficili da onorare – è assai poco auspicabile.
Quindi, sembra voler dire Magdi Cristiano Allam, la prossima volta che il Presidente affermerà: “Farò il mio dovere,” dovrà anche specificare che trattasi di cosa che egli sente, ma personalmente, come dovere. E che, insomma, lui è un personaggio di una certa visibilità e certe cose diventano doveri pure se, di fatto, non lo sono; perché si sa come sono i giornali, sempre a spettegolare di questo e quello, e se fai, e se non fai, e come fai sbagli, e se non fai pure. E poi ci sono i fotografi al seggio che ti aspettano, come si fa a rimandarli a casa a mani vuote.
Ecco, signor Presidente, la prossima volta abbia la cautela di dire: “Io ho sempre votato, ma che scocciatura. Purtroppo mi tocca, sapete com’è. Ma a voi… Che ve ne fotte?”
* Più o meno vero, tranne che per queste leggi qua