E’ pronto il secondo libro di Nulladie edizioni. Si tratta di “Educare: una sfida possibile”, saggio di Rosalinda Lo Presti Gianguzzi. Vuole essere una risposta alle parole del Ministro Gelmini, che definì “un privilegio” l’astensione obbligatoria per maternità.
Già disponibile in versione ebook, a 6 euro e 99, l’edizione cartacea sarà in libreria a partire dal 25 aprile prossimo.
Prefazione, di Salvatore Giordano
Non sappiamo come la nostra epoca sarà ricordata dai posteri. Se si porrà l’accento sulla globalizzazione o sull’emergere di nuovi centri o periferie del mondo; né possiamo prevedere quali delle attuali tendenze verranno ricordate come caratteristiche del nostro periodo. Possiamo, però, pronosticare con ragionevole previsione che della “riforma epocale” della scuola italiana varata dal governo in carica nell’anno scolastico 2010-2011 ben pochi avranno contezza. Al più ci si ricorderà come, benché approvata da una larga maggioranza parlamentare, sia stata accolta freddamente dall’insieme della società italiana e apertamente osteggiata dalla totalità degli “addetti ai lavori”.
Quale che sia il nome che gli storici del futuro utilizzeranno per designare la nostra epoca, a noi che la stiamo vivendo non può sfuggire un elemento: la società nella quale conduciamo le nostre esistenze, in Italia come nel resto del mondo, si contraddistingue da tutte le altre forme precedenti per il ruolo che la conoscenza gioca nella struttura sociale contemporanea.
La “società della conoscenza” è tale perché la conoscenza è diventata negli ultimi tempi una risorsa. Mi sento già ribattere che lo è sempre stata. È vero, ma solo alla fine del secolo scorso la conoscenza è diventata una risorsa economica al pari di altre che avevano acquistato un rilievo particolare sin dalla rivoluzione industriale: il capitale e il lavoro.
Prima della società della conoscenza, sembra ricordarci il saggio di Rosalinda Lo Presti (nota come Linda Gianguzzi), vi era un sistema di controlli e garanzie per le principali risorse economiche: alcune norme tutelavano il capitale e i suoi detentori, mentre altre si prefiggevano di garantire i diritti dei lavoratori. La novità che l’autrice ci suggerisce riguarda la necessità di creare un sistema di norme, giuridiche e di buon senso, di principio e pratiche, a tutela della conoscenza e dei suoi annessi e connessi: primi fra questi i sistemi di istruzione e le professioni che la conoscenza trasmettono. Estendendo la tutela a chi la conoscenza la acquista nelle varie forme possibili e riconoscendola come diritto di cittadinanza.
È inevitabile che la proposta si contrapponga nei suoi presupposti metodologici ed etici alle attuali scelte governative in materia di scuola, conoscenza e cultura. Due visioni del mondo entrano inevitabilmente in conflitto, benché accomunate da un’analisi condivisa al riguardo del ruolo economico della conoscenza.
Che la conoscenza sia una risorsa economica vuol dire, pure, che c’è chi è disposto a spendere pur di acquisirla per sé o per i propri figli. Le risposte possibili “nel libero mercato della conoscenza” sono molteplici, ma sembrano rispondere alla stessa domanda: perché offrire gratis ciò che “la gente” è disposta a pagare?
In questo volume si argomenta l’economicità di una scelta di pubblica gratuità. Garantire la conoscenza, fin dalla più tenera età, ai cittadini non è per uno stato moderno e solidale una spesa ma un investimento. Il ritorno in termini economici – si documenta nell’ultima parte – è atteso nel lungo termine e si traduce in un risparmio per la collettività, ma anche in una maggiore ricchezza e in una più fruttuosa capacità di reddito (e di qualità e quantità dei consumi) per il tessuto sociale e produttivo di un Paese.
La quarta di copertina
«Questo libro nasce da una lettera indirizzata al ministro Gelmini che aveva definito un privilegio l’astensione obbligatoria per maternità.
Uno sfogo che in breve tempo ha fatto il giro del web.
Ho scoperto, così, quanto il mio pensiero su scuola, maternità, modelli educativi, politica, informazione, welfare e lavoro fosse comune a quello di tanti.
Un “sentire” di tutti che ho voluto esplicitare in un breve saggio: emotivo, graffiante, supponente, ma scritto con il cuore e con un sincero intento costruttivo.
Ho volutamente utilizzato uno slang metropolitano e discorsivo, caratteristico del lettore avvezzo al web 2.0.
Un lettore che potrebbe essere un genitore, un insegnante, un alunno, un politico, un giovane, un precario, o chiunque altro sia convinto come me che la possibilità di un futuro migliore si costruisca attraverso l’educazione delle nuove generazioni e la valorizzazione del potenziale umano di ciascuno.
È, infine , un “libro aperto” destinato ad arricchirsi di altri contributi e in cui probabilmente troverete poche risposte, ma che vi aiuterà a porvi molte domande.»