di Mauro Mirci
E’ la metà di settembre del 2005. Francesco Ferreri, tredici anni, non fa ritorno a casa. Tutti i suoi compaesani di Barrafranca, in provincia di Enna, sono coinvolti nella ricerca. Alla fine Francesco viene trovato: il suo corpo giace in un calanco di contrada Bessima, un luogo che molti utilizzano come discarica. E come un rifiuto qualcuno (il suo assassino,o almeno un suo complice) lo ha abbandonato lì, tra carcasse di frigoriferi e calcinacci. Ucciso con numerosi colpi alla testa. Partono le indagini. A marzo dell’anno successivo vengono arrestati quattro adulti e un minorenne, che però, per la sua giovane età, non è imputabile. Si parla di pedofilia e stupri. Forse Francesco non aveva voluto subire, oppure aveva subito e voleva denunciare. I quattro adulti vengono tutti condannati in primo grado. Un ragazzino, coetaneo di Francesco, testimonia per l’accusa: afferma di avere riconosciuto uno dei sospettati e la sua testimonianza sembra decisiva. Anche una ragazza, inizialmente, testimonia contro i sospettati. Poi però ritratta. Sembra, comunque, di essere giunti alla verità. Una verità terribile, ma comunque anticamera della giustizia.
E invece no.
Nel maggio del 2010 la corte d’appello di Caltanissetta assolve tutti gli imputati. Che, è vero, affronteranno anche il terzo grado di giudizio, ma rimangono innocenti sino a che non verrà dimostrato il contrario.
L’assassino di Francesco, quindi, rimane ancora senza nome e, se il terzo grado confermerà l’appello, quel nome rimarrà forse ignoto per sempre.
Chi ha ucciso Francesco Ferreri, dunque? E perché.
E chi risarcirà (e come) le altre vittime di questa vicenda? I genitori di Francesco, suo fratello. E il ragazzino che, per aver testimoniato contro il presunto assassino, subisce l’ostracismo dei suoi concittadini. Emarginato e isolato, s’è guadagnato l’epiteto di “infame” in un luogo dove questa parola è riservata a tutti quelli che rompono il patto non scritto dell’omertà.
Scrive la madre di Francesco: “C’é veramente il vuoto assoluto intorno a me in cui si aggira indisturbato un assassino libero, la cui esistenza, dalla fine del processo e dal suo risultato, fà tremare e inquieta la mente di centinaia di genitori, come tormenta la mia.”
E Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina, alla cui diocesi appartiene Barrafranca: “Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati (Mt 5,6). Ma è importante anche chiedere la giustizia degli uomini.”
Confidiamo nella giustizia che le parole dell’evangelista prefigurano. Agli uomini non possiamo che porre, senza sosta, lo stesso ripetitivo e banale quesito: chi ha ucciso Francesco?
Il 9 luglio prossimo, a Barrafranca, si terrà una manifestazione dalle 9 alle 12,30. Sarebbe importante partecipare.
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