Il parlar franco

di Marco Scalabrino

IL PARLAR FRANCO è una Rivista di cultura dialettale e critica letteraria, edita da Pazzini Stampatore Editore in Verucchio (RN), www.pazzinieditore.it, al suo nono anno di vita.
Sedici e mezzo per ventiquattro centimetri, copertina colore rosso carminio, il n°8/9 consta di circa 150 pagine, gode di veste grafica sobria e al contempo curatissima.
Dalla cadenza annuale, Gualtiero De Santi, professore ordinario di Letterature Comparate all’Università “Carlo Bo” di Urbino, ne è il Direttore e Manuel Cohen, Massimo Gigli, Gianfranco Lauretano, Pier Giorgio Pazzini ne costituiscono il Comitato di Redazione.
Giusto all’attenzione di Gualtiero De Santi e di Manuel Cohen debbo la fausta opportunità della conoscenza della Rivista.

Il volume si articola in nove “segmenti”: Editoriale di Gualtiero De Santi, Franco Loi, essere tra le lingue, suddiviso in due parti, la prima LOI, VERSI INEDITI, di Gualtiero De Santi, la seconda, I “CONVERSARI” DI UN LETTORE MILITANTE, di Manuel Cohen, La Memoria, UNA VOCE DAL SUD SIMETO: SALVO BASSO, di Renato Pennisi, comprensiva di Inediti dello stesso Basso, Interventi e saggi, fra i quali due testimonianze, a firma di De Santi l’una e di Cohen l’altra, sulla plaquette di Achille Serrao Disperse, Verziere, in cui spicca una nota su Fabio Franzin e la proposta di alcuni suoi testi, In lingua, che propone brani di Franco Buffoni e Gianni D’Elia, Conversazione con Gianni Fucci al traguardo degli ottanta anni, di Rita Giannini, e infine Zibaldone critico, con appunti sui lavori Nelvia Di Monte, Mario Mastrangelo, Pier Mattia Tommasino, tra gli altri.
Di Franco Loi, del quale sul web abbiamo letto di recente una interessante intervista a cura di Flora Restivo, Gualtiero De Santi fra l’altro scrive: “Il suo “calderone” linguistico lo situa in un’area di post-modernità e apertura globale che soltanto oggi, all’altezza dei processi mondiali e del costante rimestarsi di esperienze e lingue, avvertiamo un po’ più compiutamente.” E Manuel Cohen: “Donchisciottesco e puro, competente in umiltà, Franco Loi sembra avere anch’egli ingaggiato, con le armi di cui dispone, un particolare conflitto contro la sordità di editoria, università, politica, centro, istituzioni. Le declinazioni di quel grande, proteiforme Moloch che lo stesso Loi, con Fortini, chiama “potere”, e che per Pasolini trovava il correlativo in “palazzo”.”
Quanto a Salvo Basso, 1963-2002, tra le voci più originali del panorama dialettale siciliano a cavallo tra i due millenni, Renato Pennisi fra l’altro appunta: “Del 1997 è il primo libro, Quattru Sbrizzi. I testi sono frammenti di ragionamento in prima persona … versi che sembrano gettati sul foglio con trasandata noncuranza, non c’è orpello né compiacenza, sembrano massime, sentenze inappellabili. Tutta la poesia di Salvo Basso è poesia del corpo e del pensiero.” E aggiunge: “Il dialetto di Salvo Basso guarda al dialetto realmente parlato oggi dalle nuove generazioni, fonde e riscrive parole che diventano nuove.”
E chiudiamo questa rapida passerella con Fabio Franzin, fresco vincitore del Premio Pascoli 2009 con la silloge Fabrica. Manuel Cohen, sulla sua raccolta inedita Doni de l’adìo, rileva: “Fabio Franzin, assieme a Edoardo Zuccato, Ivan Cricco, Salvo Basso, appartiene al manipolo di autori nati negli anni Sessanta che certifichiamo tra le presenze significative della attuale poesia neo-dialettale e non solo. Il [suo] dialetto corrisponde al Veneto trevigiano dell’Opitergino Mottese, parlato a Motta Livenza (TV) dove egli vive. Mi pare che Franzin adotti un linguaggio e uno stile dimessi, apra la lingua a inserti di prosa e understatement … registrando la parlata autoctona in un contesto di mescidazione in atto. Franzin evita l’avvitamento della phoné alle corde del canto e alle trappole della nostalgia, rintuzzando gli agguati dell’elegia con inserti di parentetiche e ricorrendo al discorso libero diretto, virgolettato e in caratteri corsivi. Pur affrontando temi alti (morte, dolore, perdita, distacco) l’autore “si tiene basso”, mostrandoci una umanità a noi prossima, testimoniando un gusto e un sentire per nulla arretrati.”

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