di Mauro Mirci
Francesco Randazzo è uno scrittore che non mi delude mai. Sin da quando lessi il suo “Cronache di prodigiosi amori”, romanzo eroticomico ambientato nella Sicilia ottocentesca e condannato (spero solo ancora per poco) a essere goduto solo da pochi fortunati, mi sono formato la convinzione che avrei amato ogni cosa scritta da questo autore dal multiforme ingegno e dalle variegatissime capacità artistiche. Adesso che è uscito, per i tipi della giovanissima Lupo editore, il volumetto “Con l’insistenza di un richiamo“, la mia opinione è confermata, mentre cresce lo stupore nel constatare come Randazzo sappia cimentarsi, con risultati egregi, con forme narrative sempre diverse, passando dal romanzo grottesco (il già citato “Cronache di prodigiosi amori”, Lampi di stampa), al racconto brevissimo surreale (“Papier mais”, Fara editore), al testo teatrale granguignolesco (“Otello il Nivuro di Mazzaria”, Bulzoni). Adesso questi sei racconti contenuti in “Con l’insistenza di un richiamo” ci rendono conto della sua capacità di confrontarsi con una quotidianità passata al vaglio di una personalissima sensibilità. Sono storie nelle quali la cifra stilistica di Randazzo è ben riconoscibile, ma dove il surreale che tanto gli è caro trova poco spazio, tranne che in “Other life” (il riferimento a Second life, direi, è esplicito). Il libro apre ampi orizzonti su una lettura ultra realistica della Roma di oggi. Randazzo popola i suoi racconti di mostri. Mostri tanto tangibili, però, da instillare paura autentica nel lettore, se solo questi saprà riconoscere nei personaggi altri mostri, quelli che popolano non la narrativa, bensì le pagine della cronaca nera. Questa la sorgente dalla quale l’autore attinge le sue storie, oltre che dalla sua evidente capacità di immedesimarsi nei mostri suddetti, di riprodurre i percorsi tortuosi del loro pensiero per diventare egli stesso “mostro” ed esporre in maniera convincente il punto di vista dell’emarginato, del sadico, dell’assassino seriale. Fa un po’ paura, a dire la verità, immaginare che questo signore dall’aspetto inoffensivo, che ama mostrarsi mentre fuma la pipa, contenga dentro di se (in germe, certo, solo potenzialmente, e all’unico scopo di gettarle poi su una pagina), identità tanto diverse e tanto paurose.
Roma dunque, ma potrebbe essere una qualsiasi città metropolitana, luogo orrorifico per vocazione e fucina ideale per mostri veri e inventati. Nei racconti di Randazzo c’è il rendiconto impietoso di una società decadente, votata all’implosione e alla violenza gratuita, nella quale ogni conflitto è radicalizzato, ogni sentimento è ridotto a semplice istinto di sopravvivenza. Il mondo di Randazzo è crudele e sanguigno, privo di ogni compassione. E i deboli sono ridotti davanti a due sole scelte: soccombere oppure reagire riversando su altri la violenza subita.
Come tutte le buone narrazioni, anche quelle di “Con l’insistenza di un richiamo” sono stratificate. Come detto Randazzo s’ispira decisamente al reale, c’è molta denunzia sociale, ma anche la voglia di intrattenere il lettore, almeno quello vocato alle tematiche splatter/pulp. A fare da collante, una prosa lineare e decisa, senza sperimentalismi e infioriture, molto diversa da quella di altre opere, eppure ugualmente efficace ed evocativa.