di Maddalena Mongiò
Finita la commedia, cala il sipario. Qualche brusio accompagna la parola fine, qualche commento sottolinea aspetti della rappresentazione. Poi, tutti a casa o in un locale a mangiare qualcosa. Alla tv uno spettatore mordi e fuggi non bastava , la tv ha bisogno di incatenarci alla poltrona per tenere alta la famosa audience. Così, con un semplice rimescolamento di generi, siamo giunti alla fiction e ai reality che fidelizzano lo spettatore.
La spettacolarizzazione del bagaglio esistenziale, triste o truce o volgare otrash o truculento o inutilmente violento: la naturale evoluzione dell’intrattenimento a oltranza. Così ci siamo sorbite le vicende della Franzoni, dei coniugi di Erba, degli studenti di Perugia, come format televisivi ossessivi.
Poteva mancare il caso Englaro? Ovviamente no. Come da copione non ci siamo trovati alla fine della rappresentazione con un si cala il sipario ché ancora abbiano dovuto ingoiare gli strascichi dell’autopsia, del batti e ribatti politichese, del minuto per minuto del funerale, delle dimissioni di Mentana scippato da Fede dell’approfondimento. Il tutto condito dalle, immancabili, migliori intenzioni. Lo strazio della storia di questa sfortunata ragazza si è opacizzato con il cattivo spettacolo offerto da una politica che, dopo aver dormito nei diciassette anni del suo stato vegetativo, improvvisamente ha acceso i motori con una serie di mosse ad effetto. Prima il Ministro Sacconi con le sue direttive, poi il Presidente del Consiglio in conflitto con quello della Repubblica, poi i giudici demonizzati per questa sentenza e la Chiesa a cercare con toni più o meno aspri di difendere la vita di Eluana.
Un caos in cui tutti sono contro tutti. Un caos che mostra le piaghe purulente della nostra società. Un caos che mostra l’inadeguatezza della politica, la sua incapacità ad affrontare con i giusti mezzi e con il giusto tempo le questioni che riguardano la vita di noi tutti. Un caos che mostra l’assenza di pudore dei mezzi d’informazione mossi come sono alla sollecitazione della curiosità voyeristica con la conseguenza di perdere di vista la sostanza delle questioni per privilegiare gli aspetti più truculenti delle notizie.
Cosa sia accaduto a Eluana è più che noto. Un grave incidente, il pellegrinaggio della famiglia ai vari centri specializzati, la lotta del padre per liberarla dallo stato vegetativo persistente che la teneva prigioniera. Questa condizione esistenziale è caratterizzata dalla perdita del contenuto di coscienza, dalla presenza del ritmo sonno-veglia e dal mantenimento delle funzioni automatiche: respirazione, temperatura, pressione sanguigna, sono più o meno normali.
Lo stato vegetativo è il meno compreso e il più controverso disturbo della coscienza. È un fenomeno che sino a qualche decennio fa era praticamente sconosciuto, figlio naturale della rianimazione e della terapia intensiva. Siamo insomma sempre e comunque dinanzi alla solita domanda: qual è il limite della scienza? Questo il nocciolo del problema. Dalla possibilità di essere rianimati ad un passo dalla morte, alla clonazione, le frontiere della scienza pongono quesiti che scuotono profondamente le coscienze.
Non abbiamo forse provato orrore alla lunga agonia di Terry Schiavo? Non abbiamo forse provato indicibile pena per Eluana? È giusto affinare la ricerca nella disperata ossessione di vincere sempre e comunque la morte per poi rifiutare le conseguenze che l’uso delle tecniche di rianimazione comporta?