di Mauro Mirci
Esiste molta fiction che si propone di interpretare e mostrare la realtà del dopoguerra, con una particolare attenzione agli Anni di Piombo, andando al di là delle versioni ufficiali e delle verità di facciata. Sono storie che si ispirano, spesso, all’ipotesi di un Grande Complotto, mentre i personaggi ribaltano di solito l’ideale dell’eroe positivo, consegnando al lettore l’immagine di protagonisti “brutti e cattivi”, ma, a modo loro, anch’essi paladini di una qualche giustizia e di una qualche umanità. I primi esempi italiani che mi vengono in mente sono i thriller di Genna, o anche Romanzo criminale, di Di Cataldo, ma non sono certo i soli; mentre l’esempio straniero che mi pare più calzante, e American Tabloid di Ellroy.
A questo genere di fiction può essere ascritto “Quello che veramente ami”, di Riccardo Arena. E, per la precisione, mi piacerebbe inventare, a bella posta, la definizione “romanzo di anti-controinformazione”, dato che in questo libro tutti i credo politici, che pure stanno al centro della narrazione, vengono dichiarati e contraddetti sino alla fine, quando a risolvere la trama provvede la fuga, o meglio il ritorno al punto di partenza, con un viaggio che è anche un salto indietro nel tempo.
La storia inizia nel 1968, in Sicilia. Enrico, come il Barone Rampante di Calvino, si arrampica su un gelso e rifiuta di tornare giù. E’ il suo modo di rifiutare il ritorno a Milano con il padre, di dichiarare il desiderio di rimanere a casa. Il capitolo appresso siamo già a Milano, negli anni ’70. Enrico è diventato il Tunisi. S’intrufola in una riunione di militanti di sinistra, la sua missione è da agente provocatore. E proprio nel covo del nemico conosce Monica; è amore a prima vista, ma un amore che li vede sui lati opposti della barricata politica.
La trama, in una certa misura, pare ispirarsi al più celebre Giulietta e Romeo, dove Montecchi e Capuleti vengono sostituiti da fascisti e comunisti, e dove non le famiglie si oppongono che la storia d’amore infine si compia, ma gli stessi protagonisti, incapaci di rinnegare le proprie idee politiche, così che le loro vite sono segnate dalle contrapposizioni tra fazioni opposte, e i loro stessi sentimenti ne vengono fortemente condizionati.
Sono anni di pestaggi e uccisioni, di ideologie spinte all’estremo, di sprangate e P 38. Monica e il Tunisi rappresentano la gioventù di quegli anni.
Di famiglia modesta il Tunisi, appassionato di rugby, che rappresenta per lui un surrogato della battaglia vera e propria, al pari della militanza estremista, vissuta sui marciapiedi e negli scontri di strada. Il padre, ex ufficiale repubblichino, ha perduto una gamba in guerra e gestisce una libreria. E’ stato costretto a lasciare la Sicilia, portandosi dietro il figlio, al quale ha trasmesso la fede fascista.
Monica è di famiglia alto-borghese e fede comunista, e per lei i compagni di partito sostituiscono una famiglia assente.
La storia d’amore si dipana tra momenti di tenerezza e incomprensioni. Monica e il Tunisi si avvicinano e allontanano, oppressi dal loro ruolo in seno alla fazione politica. E a rendere ancora più drammatica l’atmosfera di quegli anni – e il rapporto tra i protagonisti – concorre la lotta armata, il culmine abietto di una strategia della tensione ideata e alimentata da poteri occulti ma, almeno nella trama ideata da Arena, non troppo.
I due ragazzi attraversano quegli anni e ne restano segnati. Ma mentre Monica rimane, in fin dei conti, sempre coerente con le proprie convinzioni, al punto di rinunciare, a un certo punto, all’amore per il Tunisi, questi subirà il distacco dai propri compagni di lotta e la crisi del proprio ideale. Anche il rapporto col padre è assai conflittuale. Questi gli rimprovera, infatti, di prender parte a una guerra che nessuno gli impone, mentre lui, anche se combatté valorosamente e con convinzione sotto Mussolini, la guerra l’ha sempre detestata.
Ed è, in definitiva, proprio il padre di Enrico il Tunisi, Vittorio Corolla, la figura che esplicita le intenzioni del romanzo. E’ questo personaggio che esprime le convinzioni più forti e che connotano in maniera decisa la narrazione. La politica, la fedeltà a una bandiera, a un ideale, quando l’uomo perde sé stesso, perdono ogni significato e producono solo una guerra senza fine e senza logica. “Mi hai sempre chiesto cosa si prova ad andare alla carica sotto il fuoco nemico,” urla Vittorio al figlio. “Un cazzo si prova! Solo odio! Odio verso chi ti ha mandato a combattere, odio verso te stesso che stai obbedendo a uno strafottutissimo ordine.” E ancora: “Ma tu, tu a chi minchia obbedisci? Perché vai alla carica? Chi te lo ha ordinato? E perché non sai dire di no, tu che puoi?”
Ecco, in queste parole, e nella storia d’amore tra Enrico e Monica, sta il buono di questo romanzo, e lo riscatta da qualche rilassamento nella trama e dalla scarsa incisività di alcuni dialoghi, talvolta decisamente didascalici.
Riccardo Arena – Quello che veramente ami. Dario Flaccovio Ed. , Palermo, 2008. Euro 13,50, pp. 251.