di Antonio Musotto
La station wagon segue le curve della strada di collina, “è facile, basta seguire le indicazioni per la clinica” ha detto il dottor Angelo F., quando l’ho chiamato l’altroieri dal giornale.
Il redattore capo mi ha detto: “vacci tu, Antonio, che hai dimestichezza con i medici”.
Secondo lui il fatto che io abbia un fratello medico mi qualifica a penetrare la psiche di tutti i medici del mondo.
Peraltro mio fratello svolge un oscuro ruolo di funzionario al ministero, e non vede un malato dai tempi dell’università.
Il giornale per cui lavoro, “il Gazzettino della Zootecnica”, mi manda spesso a visitare allevamenti modello, generalmente condotti da individui che, a furia di stare vicini alle loro bestie, ad un certo punto ne assumono le fattezze, sono curioso di andare a conoscere questo famoso chirurgo.
Arrivo al cancello, sporgo un braccio dal finestrino, premo il pulsante del videocitofono, “sono Antonio M., il giornalista del Gazzettino della Zootecnica”, subito i battenti si aprono, guidati silenziosamente da braccia elettromeccaniche.
Il dottor Angelo F. è sul prato, seduto sotto ad un gazebo bianco, appena vede la macchina che arriva lungo il viale, si alza e mi viene incontro, fino allo sportello.
Ci presentiamo, la sua stretta di mano è forte, leggermente disumana, lo guardo negli occhi e ci vedo il riflesso del prato.
Vado subito al sodo, devo partire per il weekend e vorrei andare presto, perché poi c’è traffico.
Sparo subito la domanda: “dottore, mi dica di questa sua passione”.
“Vado pazzo per le vacche, di tutte le razze, di tutti i colori, che siano al pascolo o in una tiepida stalla, confortato dalle luci basse e dal quel morbido materno odore di latte e merda, amo le vacche.”
Ho acceso il piccolo registratore digitale, lui guarda alternativamente il led lampeggiante, il prato e me.
“mi sono specializzato in America, faccio il chirurgo , lavoro la notte, la mia segretaria lo sa, prende gli appuntamenti per le visite e le operazioni solo dopo le 20, fino a quell’ora non voglio essere disturbato, esistono solo loro, le mie creature preferite.”
Un po’ mi innervosisce sentirmi guardato da lui, così prendo un taccuino e prendo brevi appunti a matita.
“Ricordo che da piccolo” continua lui “chiedevo a mia madre da dove venisse il latte, e lei mi rispondeva ma sono le mucche che ce lo portano, Angelo mio, ed io sognavo che , durante la notte, venisse una mucca -la mia mucca personale- a portare la bottiglia di latte intero sul pianerottolo di casa.”
Un’infanzia dominata da una madre oppressiva, azzarda lo psicologo dilettante che alloggia abusivamente nel mio cervello.
“E così ho fatto costruire la mia clinica vicino ad una fattoria, con un grande prato intorno, in cui loro possano pascolare, accovacciarsi a ruminare, riposare, farsi mungere nella stalla speciale che hanno realizzato dei tecnici specializzati che ho fatto venire apposta dalla Svizzera, le mie vacche non devono avere nessuno stress.”
Penso che non sarà necessario fare molte domande, il dottor Angelo F. sa esattamente cosa vuole che si sappia di lui, questa conversazione potrebbe benissimo andare nelle pagine dedicate ai v.i.p. di “Medici di Successo”; appena il pezzo è pronto provo a venderglielo.
“C’è chi si butta a mare per dare da mangiare agli squali, chi sta ore ed ore appollaiato su una roccia con un binocolo in mano per guardare il volo delle aquile; io ho desideri più semplici, mi basta trascorrere la mia mattinata nella fattoria, guardando le mie mucche, che ho chiamato per nome, e riempirmi di felicità quando mi accorgo che, chiamandole con il loro giusto nome, si voltano, e mi salutano.
Certo, mi salutano agitando la coda, è il loro modo molto
personale di dire ciao, ed il mio cuore si riempie di gioia.
Ho fatto il giro del mondo per trovare gli esemplari che mi servivano per arricchire la mia collezione, possiedo degli animali rarissimi, ho assunto due veterinari che me le curano, utilizzando i migliori mangimi ed tutte le attenzioni che sono necessarie.”
Si capisce che non bada a spese, del resto è un chirurgo di successo, il suo nome circola negli ambienti medici come uno di quelli che sa il fatto suo, si è costruito potere e successo lontano dal policlinico e per questo è invidiato e temuto, ed anche molto chiacchierato.
Si ferma un attimo, mi versa, senza chiedermelo, del the freddo, ne beve anche lui, posa il bicchiere di plastica verde, inspira profondamente, capisco che sta cambiando registro, ricomincia a parlare.
“La notte, invece, opero nella mia clinica. Faccio soprattutto chirurgia vascolare, rappezzo ferite, impianto protesi vascolari, opero spesso pazienti che mi vengono indirizzati dai reparti di dialisi, per loro realizzo con una tecnica innovativa delle fistole arterovenose. Ceno alle 18,30, faccio una buona doccia con sauna, un massaggio, le mie compresse per stare sveglio, ed alle 20 sono pronto per le visite e per la sala operatoria, dopo.
Ho un metodo mio per selezionare i pazienti, non rifiuto nessun ammalato, e loro sanno che potranno avere il massimo da me se si attengono al mio modo di lavorare.
Infatti i primi interventi sono quelli in cui la mia parcella è più alta, sono riposato, concentrato, la riuscita sarà sicuramente perfetta, e si sa, c’è chi è disposto a pagare di più pur di avere la perfezione.
Quando le compresse iniziano a fare il loro effetto, la mia attenzione si moltiplica, le pupille si dilatano, i movimenti diventano veloci e non posso tollerare che qualcuno abbia i riflessi lenti accanto a me.
Così anche le assistenti al tavolo operatorio devono prendere le compresse; un giorno una di queste stronze mi ha accusato di drogarla, di stare rovinando la sua vita, e mi ha denunciato al procuratore della repubblica.”
Improvvisamente il suo sguardo si accende di una luce algida, da lampada scialitica.
“La stupida non lo sapeva che io avevo operato gratis la mamma del procuratore, ed il caso è stato chiuso, ora lavora alla cassa del supermarket.
Io non l’ho più vista, non ci vado al supermarket, me lo ha raccontato Samir, il cameriere.”
Si ferma, per rispondere ad una chiamata al cellulare: poche battute secche, continuando a guardare il prato.
“In questi giorni il prato è bellissimo, ed io mi diverto a stendermi accanto alle mie vacche che ruminano o riposano, è verdissimo, l’irrigazione automatica è la stessa dei campi da golf , non bado a spese, e l’erba è sempre pulita, perché ci pensano i pachistani a togliere via la cacca delle mucche, a lavare subito l’erba e spruzzare un prodotto che non la fa seccare, e quindi chiunque può stendersi a guardare le vacche sul mio prato.
In effetti non invito quasi mai nessuno, ho scoperto che le donne non amano le vacche, chissà forse sono gelose delle loro grandi tette, ed il latte delle donne non è così buono come il loro.
E allora non ho bisogno di altra compagnia, loro muggiscono ed il mio cuore si riempie di gioia.”
Ho capito, è un fottuto misogino, infatti nelle note che ho trovato sul suo sito internet non c’è accenno alla famiglia, di solito gli specialisti noti amano farsi fotografare con moglie e figli, dicono i pubblicitari che questo rassicura i pazienti, li riempie di fiducia.
“Qualche notte fa ho operato un tizio, uno che mi ha fatto degli assegni postdatati che poi sono risultati scoperti; era uno degli ultimi interventi della notte, l’effetto delle pillole stava per finire, mi è scivolato il bisturi e gli ho reciso un’arteria, avrebbe potuto crepare ma non è morto, la sala operatoria si è ridotta una schifezza , piena di sangue, ed ho dovuto operare gli altri nella sala numero due, che era pulita e pronta per l’indomani, che spreco.
D’altro canto lo sapeva bene: gli ultimi interventi mi faccio pagare di meno perché, indipendentemente dalla mia volontà, qualcosa potrebbe non essere perfetto, sono umano, la stanchezza si fa sentire.
La moglie del morto di fame che stava per crepare in clinica è venuta a minacciarmi che mi avrebbe denunciato, faccia pure, tanto non lo sa che poco tempo fa ho operato gratis la figlia del questore.”
Un esemplare di barracuda dai denti affilatissimi, il dottor Angelo F., non vorrei avere bisogno del suo bisturi.
Sembra che abbia detto tutto quello che gli interessa farmi sapere, i nostri sguardi si incrociano, sto per fargli una domanda banale, ma lui riprende, cambiando tono della voce, che diventa aguzza, sibilata.
“Oggi è successo un fatto spiacevole, che mi ha molto turbato, tanto che ho detto alla segretaria di annullare tutti gli interventi di stanotte, non sono sereno e potrei avere degli intoppi durante le operazioni chirurgiche.
E’ successo che ho scoperto uno dei pachistani che inveiva ad alta voce, sicuramente diceva delle brutte parole nella sua lingua schifosa, contro Mammina, la mia vacca piacentina preferita, e ad un certo punto ha pure tentato di darle un calcio.
E’ intollerabile che si comporti in questo modo dopo che l’ho accolto alla fattoria, dopo che lo faccio dormire nel fienile vicino la stalla, dopotutto al suo paese dormiva sotto le stelle o sotto qualche foglia di palma; gli pago persino uno stipendio e gli permetto di mangiare vicino alle mie vacche.”
Com’è filantropo il dottor Angelo F, stenografo sul taccuino.
“Il suo compare ha capito che ero furioso e si è defilato subito, invece questo negro ha avuto pure il coraggio di dire che non era vero, che non aveva tentato di colpire Mammina; io le bugie non le sopporto, e l’ho licenziato, gli ho detto vattene da questa fattoria, e subito.
Lui mi ha risposto che sono pazzo. In fondo ha ragione, sono pazzo per le vacche.”
Guardo l’orologio, non posso più trattenermi, lui non ha più niente da dirmi perché si alza e va verso il prato, lo saluto mentre si allontana, mi rimetto in macchina, il taccuino sul sedile passeggero rimane aperto sull’ultima frase che ho scritto…”sono pazzo per le vacche”.