di Drazan Gunjaca
Maledetti sogni. Quando tutti ti lasciano in pace, ossia quando con la forza di volontà ti convinci dopo tutto di valere di più dei ricordi, questi ti raggiungono, di solito tra le 2 e le 3 del mattino e allora, completamente inebetito e perso, ti rigiri madido di sudore nel letto che sembra più uno stivale spagnolo dell’epoca dell’inquisizione che un posto dove riposarsi dalla realtà… Ti dimeni nelle giungle del passato tentando di uscire alla promettente luce del giorno… che però non sorge.
E così la vita rotola giù per le scogliere taglienti e appuntite che non sai se appartengono al sogno o alla realtà. Oppure né all’uno né all’altra, così diventi uno di quei cosiddetti casi limite, né in cielo né in terra, dimenticato e disprezzato da tutti. Nessuno ti vuole nel proprio mondo. Né i santi né i peccatori. Mentre i confini tra i loro mondi, anche se esistono, continuano a spostarsi su e giù, sempre nella direzione opposta da dove tenti di trovarli. Chissà se mi lascerebbero passare quel confine nel caso riuscissi a trovarlo.
Non si è mai guerreggiato di più, né è mai stato più difficile essere un guerriero. Tempi strani. Quando parti ti salutano con fiori e lacrime e ti accolgono con bestemmie e maledizioni. Le stesse persone. Quelle che ti hanno mandato in guerra. Ma cosa si aspettavano da noi quando ci hanno mandato al fronte? Delle volte penso che le guerre siano diventate un capriccio passeggero di stilisti autoproclamati che non hanno il minimo senso per le rifiniture del modello che hanno creato. Un modello sfigurato creato in fretta e furia stufa presto tutti quanti, va fuori moda e tutti distolgono gli sguardi da noi che eravamo solo modelli, che camminavamo per la spaventosa passerella finchè è durato il prêt-à-porter di guerra. Ma qualcosa si sono persi lo stesso questi sapienti e onnipotenti dei terreni a tempo determinato. Questo modello, una volta creato, vive di vita propria, indipendente dalla volontà dei propri creatori prepotenti che nella loro infallibilità, che gli appartiente per definizione della loro posizione, stanno facendo la parte dell’elefante ubriaco nella vetreria.
Proteste contro la guerra. Ieri sono stato coinvolto per caso in una. Quando sei un invalido non ce la fai in tempo a spostarti nemmeno davanti ai pacifisti, immaginiamoci a quegli altri… Prima della guerra non li capivo, ed ora non li sopporto. Perchè? Perché tutti loro messi insieme non odiano la guerra quanto me. Perchè non sono venuti al fronte a protestare? E poi, prima della guerra, metà di loro erano per la guerra, ed ora, quando è uscito di moda, sono contro. Onore alle eccezioni. Perse nel tempo e nello spazio come me. Ognuno a modo proprio e per le proprie ragioni.
Quando capirà la gente che le guerre non possono essere mode?
Perchè odio tanto la guerra? Perché non c’è più in essa neanche un filo di cavalleria. Perché la si fa tutti contro tutti. Perché il mio amico è stato ucciso da una nonnina che tentò di salvare dalla sua casa in fiamme… Non poteva reggersi in piedi per la vecchiaia, ma poteva ancora tenere un fucile tra le mani. L’età non conta per poter tenere un fucile nelle mani. Né conta il sesso, la religione, il colore della pelle… niente. Solo delle mani e un fucile. Nei miei sogni lacerati non mi perseguita quel fucile ma bensì quelle mani vecchie e tremolanti… L’ha ucciso per paura. Avrebbe ucciso chiunque si fosse affacciato in quel momento sulla porta della sua casa in fiamme. La paura non ha limiti. È la guerra. È quello che gli stilisti menzionati non riescono a capire. Non hanno mai visto quella nonnina. Con il fucile nelle mani. Non l’hanno vista neanche quelli che, a loro tempo, ci salutavano con la mano quando partivamo. È molto difficile capirlo finchè non vedi. E quando lo vedi è troppo tardi. È molto meglio non capire la guerra. Non vederla riderti in faccia e mostrarti cosa, e con che facilità, è capace di fare di ogniuno di noi. E poi quel maledetto momento più lungo dell’eternità: vendicare l’amico oppure no? Il momento che ritorna ogni notte…
È mattina presto. Alle 6 non ci sono bar aperti dove potrei bere un caffé, eccetto in una stazione di servizio… Lì, appoggiati al piccolo bancone, un paio di ubriaconi che cercano di bere l’ultimo bicchiere, alcuni giovani drogati che urlano Dio solo sa cosa e la cameriera stanca che guarda la scena assente e disinteressata… Appena mi vede si mette a preparare un caffé doppio… Ospite abituale a quest’ora. Negli occhi le vedo riflesso il desiderio di andare a dormire… È sorto un’altra giornata di ieri. Già vissuta. Già passata. Indifferente, tutto è meglio della notte. Tra le 2 e le 3…
Drazan Gunjaca è nato nel 1958 in Croazia. Autore di numerose opere contro la guerra di cui le piu’ conosciute il romanzo CONGEDI BALCANICI ed il dramma ROULETTE BALCANICA, tradotti in molte lingue e vincitori di numerosi premi letterari.