Mercadante scrive dei Grilli

di Gianluca Mercadante

Andrea D’agostino mi segnala questa recensione di Gianluca Mercadante a Mi mangiassero i grilli, apparsa su Pulp. (ma.mi.)

Si fa chiamare da tutti Vinicio il protagonista del romanzo d’esordio di Andrea D’Agostino, nonostante il suo nome autentico sia un altro. È un biglietto da visita, questo gesto, e la fuga di Vinicio dalla Sicilia che il libro racconta ne sottolinea in pieno tutto il disagio: un sacrosanto rifiuto viscerale, maturato nel giovane siciliano alle prese con una nonna nevrotica all’ennesima potenza.
Non a caso il nonno, unica figura maschile in grado di suscitare in Vinicio sentimenti di sincera ammirazione e rispetto, un bel mattino scappa di casa: se ne va a raggiungere in gran segreto un parente nell’Oltrepo pavese, complice l’insofferenza mal repressa nei confronti della consorte, ma soprattutto l’incredibile scoperta di essere ufficialmente defunto da diversi anni, stando all’anagrafe. Lo stesso non accade a Vinicio, che per quanti sforzi faccia a farsi chiamare così dalla gente, il suo vero nome l’esercito lo sa e quando arriva il momento della chiamata alle armi, Vinicio, o chi per lui, diserta. Va a raggiungere il nonno, lassù, nel Continente, come in Sicilia si usa chiamare tutto il resto dell’Italia. Non prima però di avere scardinato la porta della cucina, un punto fermo nella lista delle paranoie di sua nonna, che la chiude sempre a chiave. Con una tecnica che salda ogni flashback al filo conduttore principale in maniera fluida e molto brillante nello stile, D’Agostino drammatizza con toni ironici ma non riduttivi una storia di andate e ritorni. Un confronto tra due generazioni, quella di Vinicio e quella cui appartiene idealmente il nonno, che scappano per ragioni diverse in un’unica direzione, miseramente avvilite nel tempo da un “mal di Sicilia” che a lungo andare annebbia ogni altro scopo di vita. Quella nostalgia che ti spinge indietro, illuso contro qualunque evidenza che un posto per te, a casa, dev’esserci ancora.

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