di Mauro Mirci
Quando i canali televisivi erano solo due e io ero ancora bambino, capitava spesso che la Rai mandasse in onda alcuni programmi che stavano a metà tra il documentario e il teatro. Credo che se i canali fossero stati più di due mi sarei distratto subito alla ricerca di una trasmissione più avvincente, che parlasse di cose diverse. Invece c’erano solo il “primo” e il “secondo”, per fortuna, così che ebbi modo di sapere dell’esistenza dell’Opera dei pupi. Perché, sia chiaro, io, i pupi, li ho visti solo in TV e appesi nei negozi di souvenirs. Mai su un palcoscenico, comunque.
L’opera dei pupi è quella rappresentazione teatrale totalmente affidata a protagonisti di legno e metallo, che altrove si chiamano marionette, ma che chiamare marionette, in questo caso specifico, sarebbe riduttivo, perché i Pupi sono i Pupi, e posseggono propria dignità e storia.
Così come propria dignità e storia posseggono i pupari, che spesso hanno costituito vere e proprie dinastie e, ancora più spesso, sono specie in via di estinzione, preziosa e ormai rara manifestazione di una cultura popolare che, come tutte le espressioni popolari che furono, acquistano l’aura della cultura d’élite per le generazioni che saranno.
Di pupi e pupari, in realtà, so ben poco. Ricordi tivù in bianco e nero, di armature scintillanti e urla feroci, combattimenti all’ultimo sangue, orlandi, rinaldi e angeliche imploranti.
Questo libretto di 95 pagine, che mi è capitato per le mani, quindi, ha per me due pregi principali: dà colore a quanto nella mia memoria era riposto in bianco e nero; sa illustrare, con una scrittura bella e lineare, attenta all’oralità e al rispetto di certe sintassi, il mondo dei pupi e dei pupari a un profano quasi assoluto.
Il libro ha una “confezione” elegante, ed è ricco di fotografie suggestive. Il suo sottotitolo è: “Storia di Girolamo Cuticchio, dei pupi e di una tradizione” ed è giusto dire che, se il sottotitolo dichiara di solito l’intento di un libro, il suo scopo e la sua giustificazione, in questo caso è stato particolarmente efficace e felice. Nel senso che Pupari parla proprio di questo. Di Girolamo Cuticchio, classe 1933 – il più anziano puparo in vita -, e della sua famiglia; ma anche dei pupi siciliani, dei quali Marcella Croce ricostruisce brevemente la storia e descrive la tradizione, che non è solo quella della rievocazione in chiave popolare della Chanson de Roland o delle gesta di eroi di epoca più recente, come Garibaldi e i suoi mille. Anche se, è inutile dirlo, i pupi più suggestivi sono proprio loro: Carlo Magno, i Paladini di Francia e i loro antagonisti. A loro è dedicato un intero capitolo, dove ne vengono descritti carattere, armature e caratteristiche fisiche; una sorta di tassonomia minima, indispensabile all’inesperto per riconoscere i personaggi e il loro ruolo.
Bel libro, insomma, pieno di storie, notizie e immagini, di riferimenti e spunti per ricerche e approfondimenti, arricchito da alcune trame – forse più canovacci a maglie larghe, visto il costante affidarsi all’improvvisazione – tradizionalmente utilizzate dai pupari nelle loro rappresentazioni.
Marcella Croce – Pupari. Storia di Girolamo Cuticchio, dei pupi e di una tradizione. 2003, Dario Flaccovio Editore, Palermo. € 12,00, pp. 95. ISBN 88-7758-526-9